Giorno della Memoria: Ebrei e cristiani
Mi sono arrivate oggi due copie del libro del cardinale Walter Kasper che ho tradotto un anno fa per l’Editrice Queriniana di Brescia: «Ebrei e cristiani - l’unico popolo di Dio», Brescia 2023, pp. 180.
Il libro si intona pienamente con la settimana dedicata alle riflessioni sull’ecumenismo (18-25 gennaio) e con la ricorrenza internazionale del Giorno della Memoria del 27 gennaio, istituito nel 2005 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per commemorare le vittime dell’Olocausto.
Kasper è penna molto nota al dibattito teologico attuale. Prima di approdare a Roma, fu assistente di Hans Küng e discepolo di Karl Rahner, professore di dogmatica a Münster e Tübingen e amico di Joseph Ratzinger, quindi vescovo della diocesi di Rottenburg-Stoccarda. Dal 2001 al 2010 è stato presidente del Consiglio pontificio per la promozione dell’unità dei cristiani e le relazioni religiose con l’ebraismo. Oggi è il riconosciuto esponente dell’ala progressista della Curia Romana e il maggiore sostenitore delle azioni riformiste di papa Francesco.
Il saggio che arriva oggi nelle librerie raccoglie i contributi più importanti del periodo in cui Kasper è stato responsabile del dialogo internazionale tra ebrei e cristiani. Dinanzi all’antisemitismo che periodicamente divampa, è un testo di grande rilevanza per alimentare stima e attenzione reciproche fra ebrei e cristiani. Vi si trovano sviluppate idee nuove per l’ulteriore intensificazione del dialogo, dopo la catastrofe dell’Olocausto, affinché ebrei e cristiani possano assieme rendere testimonianza di un Dio che è in cammino con gli uomini.
«Ebrei e cristiani - scrive Kasper - sono uniti dalla fede nell’unico Dio e Creatore. Tuttavia, il corso della loro storia è stato quasi sempre tragico. Nel XX secolo ha raggiunto il suo punto più triste con la catastrofe della Shoah, che è stata un disastro per il popolo ebraico, ma anche una sconfitta dell’Europa».
E sulle vittime dimenticate dell’Olocausto e le responsabilità dei cristiani: «Sarebbe sbagliato - afferma - se i cristiani si fermassero a dipingere sé stessi come vittime della follia nazista. Certamente ci furono martiri cristiani, compresi quelli che furono uccisi perché, come persone giuste tra i popoli, difesero gli ebrei. Ma non ci furono solo cristiani retti, ma anche socialisti e atei retti che opposero resistenza e per questo pagarono con la vita. Purtroppo pochi teologi si pronunciarono apertamente contro il crimine. La dissennata follia hitleriana riuscì a trovare un gran numero di convinti sostenitori e seguaci, ma molti altri girarono semplicemente la testa dall’altra parte. Anche nella cosiddetta notte dei cristalli».
Dopo quest’immane catastrofe la nostra generazione è diventata testimone di una svolta storica nel rapporto tra ebrei e cristiani, una svolta rappresentata in particolare da papa Giovanni XXIII, che ha salvato la vita di migliaia di ebrei durante la Seconda guerra mondiale, e dallo studioso ebreo Jules Isaak (1877-1963), la cui famiglia è stata assassinata ad Auschwitz e che nondimeno è diventato un pioniere della riconciliazione ebraico-cristiana. In uno storico incontro del 16 ottobre 1949 egli ha presentato a papa Giovanni il suo programma e ha dato così un impulso alla dichiarazione «Nostra aetate» del concilio Vaticano II del 1965 sul tema del senso religioso e dei rapporti tra la chiesa cattolica e le religioni non-cristiane.
«Nostra aetate» afferma che ebrei e cristiani hanno radici comuni e una comune eredità. Tutti i cristiani sono per fede figli di Abramo. Gli ebrei non sono il popolo rigettato e maledetto da Dio, bensì, per amore della fede dimostrata dai patriarchi, da Mosè e dai profeti, sono sempre il popolo amato da Dio: «La chiesa di Cristo riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti». Perciò il concilio deplora tutte le esplosioni di odio, le persecuzioni e le manifestazioni di antisemitismo contro gli ebrei e sostiene il rispetto e il dialogo fraterno.