La comunità di Bagolino e i Lodron

19.09.2017 19:34

La terra di Bagolino, che anticamente aveva fatto parte del principato di Trento ed era “vicinia” della Pieve di Condino, fu dapprima feudo dei signori bresciani de Salis. Passò ai Lodron verso la fine del Duecento, ma gli storici non hanno trovato come e quando questo precisamente avvenne.

Nel 1312 i bagolinesi si ribellarono ai nuovi signori Lodron.

Nel 1355 il diritto di sovranità sul territorio era esercitato dai magistrati di Brescia in nome del signore di Milano. In quello stesso anno, a complicare la situazione, i benedettini di Serle, responsabili della bonifica del Pian d’Oneda, affittarono quella fertile campagna ai bagolinesi. Due anni dopo Albrigino Lodron fece deviare verso sud il corso del Caffaro che faceva da confine, così da allargare il suo dominio. I magistrati di Brescia fecero intervenire Barnabò Visconti, che nel 1358 obbligò i Lodron a rispettare il confine segnato dal fiume.

Il primo atto di investitura dei Lodron su Bagolino che si conosce è del 16 febbraio 1366. Il documento sta nell’Archivio di Stato di Trento, Codice Clesiano, cc. 50v-51r-v. In esso si parla di “antico feudo”, ma lo storico Karl Ausserer scrive che prima di quell’anno i Lodron “potevano forse avere decime e vassalli a Bagolino, ma non diritti di giurisdizione”. Di qui le continue resistenze dei bagolinesi di fronte alle intromissioni dei vicini feudatari.

Nel 1378 i Lodron chiesero invano a Barnabò Visconti la signoria di Bagolino e il riconoscimento della pertinenza di questa terra al “districtus Tridenti”.

Quando nel 1423 si aprì il primo periodo delle lotte tra gli stati regionali italiani, i Lodron, feudatari del principe vescovo di Trento, stanno inizialmente con Venezia, mentre il vescovo di Trento è con Milano. Questo periodo di lotte si concluse con la prima pace di Ferrara del 1428, che attribuì a Venezia il possesso di Brescia e Bergamo.

La guerra riesplose nel 1438 e interessò anche il territorio meridionale del Trentino. Ne uscì vincitrice Venezia. Le truppe veneziane erano comandate dal Gattamelata e da Paride Lodron, quelle milanesi dal Piccinino e da Taliano del Friuli.

Nel 1439 Paride Lodron, pochi giorni prima di morire, fece chiamare il suo cappellano don Antonello, per mandarlo a Venezia a chiedere le ricompense dei servizi prestati. La Serenissima deliberò una prima risposta il 6 aprile 1439, quando Paride era ancora vivo. In questa non si parla di Bagolino. Di Bagolino si parla espressamente nella concessione dell’11 aprile 1441 fatta dal doge Francesco Foscari a Giorgio e Pietro, figli di Paride. L’attribuzione di Bagolino fu compiuta “cum onere et honore”, concedendo cioè i benefici collegati alla giurisdizione feudale (con l’onore) nel rispetto delle autonomie che la comunità aveva precedentemente ottenuto da Brescia e da Milano (con l’onere). Con grande sollievo per i bagolinesi, non si parlò di giurisdizione. Questo fa supporre che il governo della Serenissima comprendesse precisi vincoli posti ai nuovi signori. Nell’atto si legge che Venezia aveva in mano lettere in cui gli uomini di Bagolino si dichiaravano contenti di essere sudditi dei Lodron, ma si trattò probabilmente di documentazione manipolata (forse da parte di Lombardo Franzoni; a quest’episodio si collega forse la leggenda “Ti farò ricco Massimo!”).

Dieci giorni dopo le concessioni del doge, il 21 aprile 1441 i fratelli Giorgio e Pietro Lodron salirono a Bagolino, fecero suonare la campana e radunarono il popolo davanti alla chiesa. Comunicarono quindi le prestazioni feudali dovute dalla comunità, ma esclusero qualsiasi loro ingerenza nell’amministrazione della giustizia e promisero di non erigere un castello sopra il paese.

L’1 ottobre successivo i due fratelli si presentarono a Bagolino per ricevere l’omaggio. Anche questa volta i capifamiglia vennero riuniti in piazza al suono della campana. I bagolinesi si dimostrarono sorpresi e protestarono, ma volendo evitare una rottura con Venezia accettarono un accomodamento in base al quale si impegnavano a pagare ai Lodron un tributo annuale.

Le promesse tuttavia saranno spesso violate: alcuni fatti sono documentati, altri sono mescolati a tradizioni e leggende, come la rivolta degli abitanti del 1444 che si sarebbe conclusa con la demolizione del castello dei Lodron che sovrastava Bagolino.

La guerra tra Milano e Venezia si concluse con la pace di Lodi del 1454: Venezia estese il suo territorio in Lombardia fino all’Adda e alla linea del Caffaro e ottenne la conferma del possesso della parte settentrionale del lago di Garda, di Rovereto e della bassa Val Lagarina. Quindi Bagolino passò da Milano a Venezia. Questo complicò i rapporti Lodron - Bagolino a favore dei Lodron.

In seguito tale rapporto fu sempre dialettico, una relazione di amore e odio, collaborazione e competizione, di nemici e compagni d’arme

Siccome dal 1441 i Lodron avevano acquisito alcuni territori in Val Camonica (Cimbergo), Bagolino diventò l’anello di unione con i loro antichi feudi. E il territorio di Bagolino diventò poi terra di passaggio del minerale di ferro che i conti facevano portare dalla Val Trompia ai loro forni di Lodrone.

Nel 1442 i fratelli Giorgio e Pietro Lodron investirono di Riccomassimo un Lombardo Franzoni per l’aiuto da lui ricevuto.

Nel 1434 un Antonio, vicino di Bagolino, fu infeudato con altri sei mercenari del territorio di Darzo, in ricompensa dei servizi prestati ai Lodron in guerra.

Sono documentati donativi di Bagolino per matrimoni e funerali dei conti. Quando nell’aprile del 1524 morì Giorgio di Castel Romano, la comunità di Bagolino ordinò “che sia mandato a condoliare per la sua morte” e mandò “uno bello vitello”. L’anno dopo mandò al castello “uno formai e una ségia di boter”.

Nel 1474 un Bagozzo di Bagolino partecipò all’assalto di Castelcorno per i Lodron. In quel periodo stanno prendendo piede le formazioni dei lanzichenecchi. Ogni drappello, composto di 200 uomini, è arruolato dal capitano nelle sue terre. Ludovico Lodron è capitano di un drappello. Volete che con Ludovico non ci siano stati mercenari di Bagolino al Sacco di Roma e nelle battaglie contro i turchi?

Attorno alla metà del Cinquecento, i documenti di Bagolino relativi ai Lodron sono quasi tutti riferiti a violenze e fatti di sangue accaduti tra il 1535 e il 1554.

Il 5 agosto del 1535 il conte Ottone uccise la guardia campestre di Bagolino nell’ospizio di S. Giacomo di Caselle e fu bandito dalla Repubblica di Venezia. Nel 1547 i Lodron sequestrarono alcune bestie a uomini di Bagolino e le misero all’asta.

La situazione si aggravò nel corso del 1549 anche per la concorrenza nella lavorazione del minerale di ferro. Ottone, rientrato nel suo feudo, fu arrestato e portato nella Rocca d’Anfo e nuovamente bandito.

Il fatto di sangue più cruento avvenne nelle prime settimane del 1554. Le cronache di Bagolino narrano che i conti Achille e Ottone fecero ordinare a quattro mercanti di Bagolino di presentarsi a loro. Di questi il solo Vincenzo Guggella osò mettersi nelle mani dei conti, che lo fecero imprigionare e gli intimarono di ritrattare alcune parole ingiuriose che avrebbe pronunciato contro di loro e di pagare 1.000 scudi. Il Guggella protestò la sua innocenza, ma venne imprigionato in Castel Lodrone; i conti Achille e Ottone ordinarono di apprestare la forca.

Quando gli uomini di Bagolino ne vennero a conoscenza, scesero armati a Lodrone con i consoli in testa per liberare il compaesano. Giunti in prossimità del Palazzo del Dazio, mandarono alcuni dei loro a trattare con Achille per ridurlo a miti propositi, ma furono respinti. Si rivolsero allora a Ottone. Cacciati anche da lui, assaltarono il palazzo dove Achille era asserragliato coi suoi uomini. Ottone corse in aiuto del cugino. Gli uomini di Bagolino entrarono nel palazzo, uccisero Ottone e Achille e fecero prigioniero il giovane conte Ippolito, che tennero in ostaggio per dodici giorni, finché tutti i bagolinesi che lavoravano in Tirolo non fossero rientrati alle loro case, senza essere danneggiati, passando per le terre dei Lodron.

Nella notte dal 5 al 6 settembre del 1555 un improvviso e violento incendio distrusse 150 case di Bagolino, ma poi i Lodron chiesero per primi la pace.

Il dissidio, complicato dalle vicende del ferro, si placò con la morte di Sigismondo nel 1568.

La controversia per i confini trovò invece definitiva risoluzione soltanto nel 1752 con il trattato di Rovereto fra l’Austria e la repubblica di Venezia, quando l’imperatrice Maria Teresa riconobbe ufficialmente a Bagolino il possesso del Pian d’Oneda, in cambio del versamento di 14.000 fiorini ai Lodron. L’anno successivo vennero posizionati i cippi di confine con scolpiti gli stemmi dell’Impero e di Venezia.

Una cosa i documenti accertano: in nessuna comunità i Lodron trovarono come a Bagolino costante e caparbia resistenza alle intromissioni nell’autonomia comunale. È da supporre quindi che l’antica frase “Non è tempo né stagione di habitar in sta terra per chi non sta a ragione”, che si legge ancora oggi su una casa di fronte all’antica sede comunale, fosse rivolta, oltre che ai membri della comunità, proprio ai Lodron.