Un Rinascimento è possibile
Avremo un Risorgimento culturale e politico dopo la pandemia? Questa domanda è stata sottintesa in molti interventi del Festival dell’Economia.
La società ha vissuto sentimenti di spavento, insofferenza, fiducia e speranza. Non è arrivata alla rassegnazione, ma in qualche momento ci è andata vicina. Oggi, sicuramente, col crescere delle vaccinazioni, aumentano i sensi di speranza.
Intanto, però, la pandemia si lascia dietro, oltre a tante morti e a conseguenze collaterali in chi è stato colpito dal male, anche molti insegnamenti. Uno soprattutto: è stata per (quasi) tutti un bagno di precarietà. L’esperienza di oltre un anno di Covid-19 obbliga il mondo intero, ma in particolare la società occidentale (che forse mai come negli ultimi cinquant’anni si è sentita dominante, sicura e spavalda, artefice delle proprie fortune) a riprendere una relazione interiore con la dimensione della caducità, a passare dalla cultura dell’onnipotenza alla cultura del limite. Il Covid ci costringe a riconoscere che tutto è provvisorio e transitorio e ad accettarlo semplicemente, perché questa è una caratteristica costitutiva degli esseri viventi.
L’individualismo ha marcato gli ultimi decenni della storia occidentale e non basterà la pandemia a far invertire la rotta. Questo potrebbe avvenire se capissimo tutti, per primi i governi, che viviamo su una casa-Terra che è malata. L’epidemia ha dato evidenza a tante persone generose, ha rivelato molti atteggiamenti di solidarietà e condivisione, ma anche molte condotte di superficialità se non di irresponsabilità. Fino ad oggi mancano comunque opzioni strutturali forti, scelte politiche che non accettano l’equivalenza sviluppo = crescita.
Sarà interessante indagare fra un po’ se la pandemia ha aumentano il bisogno di religione e di ideologia. Religioni ed ideologie si differenziano proprio per le diverse risposte che danno al problema del limite.
Fin oltre la metà del ‘900 nella gente povera dei nostri paesi (che era la stragrande maggioranza) i cliché comportamentali furono pressoché sempre uguali. Nella società contadina la gente semplice comprese le epidemie, le guerre, le alluvioni - e quindi anche la morte - attingendo alle chiavi interpretative che aveva. Il contadino piegò le spalle, come faceva davanti alle disgrazie naturali, e aspettò che il temporale passasse, che la siccità finisse.
La guerra, ad esempio, fu vissuta come un’esperienza avversa, un «Widerfahrnis», come dice la lingua tedesca, un’esperienza-contro, una «brutta storia». Nel 1915 un arruolato trentino scrisse alla morosa: «Quando terminerà questa guerra forsi ci rivedremo… Adio», poi cancellò la parola «guerra» e la sostituì con «brutta storia».
La storia è sempre maestra di vita, ma ci sono ancora gli scolari? Tre secoli fa Gianbattista Vico ci insegnò che la storia si sviluppa come una spirale, fatta di corsi e ricorsi. A noi viene spontaneo pensare che il moto di questa spirale sia sempre ascendente, verso «le magnifiche sorti e progressive». Oggi, anche grazie al Covid-19, vediamo che non è così. Potrebbe esserlo forse per un po’ di tempo, per pochi uomini del pianeta, ma a danno degli altri; non è così per la stragrande maggioranza degli abitanti della Terra e non lo è per il mondo naturale.
Noi oggi abbiamo la fortuna di avere papa Francesco. È un profeta. Leggiamo le due encicliche «Laudato si’» del 2015 e «Fratelli tutti» dell’anno scorso. Sono testi di facile lettura, densi di insegnamenti che ci fanno riflettere sulla necessità di cambiare i paradigmi consumistici e le pretese di superiorità del mondo occidentale di oggi, comprese le pretese di superiorità delle chiese.
A meno che non auspichiamo enormi sovvertimenti naturali ed economici, i cambiamenti (in bene e in male) dipendono solo dall’azione di ognuno di noi. Ma non scenderà un meteorite a trasformare le nostre teste. Bisogna partire dalle conversioni coltivate dai singoli individui.
È possibile che i momenti di enorme disagio causino una sorta di Rinascimento umano e culturale come dopo una pestilenza, una guerra, una grave crisi economica. Negli ultimi anni il mondo è stato sconvolto da molte crisi: il terrorismo internazionale, il crollo dei mercati finanziari con i loro effetti sul mondo economico, la catastrofe climatica, il Covid-19. Questi eventi hanno messo in discussione le fondamenta della società, della politica, dell’economia e della cultura.
Siamo arrivati a queste crisi perché abbiamo dimenticato che cosa veramente conta nella vita. Siamo prigionieri di modelli sbagliati sulla vita felice. Ci aspettiamo la felicità da cose che non ci fanno felici. Le crisi non piovono dal cielo. Anche quella di oggi ha radici nel passato.
Ma che cosa ci porta a una vita riuscita? Il filosofo tedesco Michael Bordt è convinto che siano soprattutto due cose: amare ed essere attivi. Non dobbiamo avere cioè soltanto relazioni superficiali con gli altri, ma dobbiamo avere persone dalle quali siamo amati e alle quali siamo legati da profonda amicizia personale. In secondo luogo, scrive, è fondamentale che nella nostra vita facciamo qualcosa che è valido e importante anche per gli altri. Ogni mattina che ci alziamo dobbiamo avere qualcosa per cui vale la pena vivere un’altra giornata della nostra vita.
Il possibile “nuovo” Rinascimento, umano e culturale, può venire solo da queste conversioni individuali che sicuramente la pandemia ha suscitato.