L'intervista

15.03.2017 10:43

Qualche giorno fa Roberta Bonazza mi ha fatto un’intervista che sarà usata in un lavoro degli studenti del Liceo di Tione sull’identità delle Giudicarie. Mi ha fatto due domande che riporto con le risposte.

Prima domanda - Cos’è per lei Storo, il paese dove vive?

Risposta - È la mia terra: sono nato e cresciuto qui, ho respirato la sua aria, ho conosciuto i suoi odori, che oggi non sono più quelli di quand’era piccolo, perché è scomparsa la civiltà contadina. Qui vivo da oltre trent’anni con mia moglie, qui sono cresciuti i miei figli, qui ho lavorato. Fin da piccolo ho espresso i miei sentimenti con questa lingua, con questo dialetto. Ho girato le montagne di questi paesi, ne ho goduto e patito il clima. Insomma: questa terra ha determinato la mia esistenza e per questo ci sono affezionato, anche se sono sempre stato convinto che questo non è il centro del mondo, il mondo non finisce qui, perciò mi piace girare, conoscere e apprezzare altre terre.

Seconda domanda - Che cosa c’è di significativo a Storo?

Ci sono cose di cui sono orgoglioso e che allo stesso tempo mi fanno arrabbiare. Perché sono positive e negative nello stesso tempo: 

1. La capacità di iniziativa della gente, il protagonismo, il “possiamo farlo anche noi”, “possiamo riuscirci”. E questo è caparbietà, ma può diventare testardaggine.

2. E poi - come in tutti i paesi - c’è l’attaccamento alle radici, l’orgoglio di fare parte di questa comunità, ma questo può diventare campanilismo e chiusura. Nel mio lavoro mi sono trovato spesso a contrastare logiche di paese, preferendfo logiche di valle, ma ho fatto fatica a farle passare perché le caratteristiche della mia gente sono anche mie. Molti dei miei libri portano il nome del paese nel titolo.