Quando le donne erano invisibili
Nel ricostruire la storia di Storo ho incontrato alcune “liste dotali” (“carte da dòta” in dialetto), compilate tra il 1814 e il 1936. Sono elenchi dei beni assegnati in dote dalla famiglia di origine a una novella sposa. Ne rendo conto in un articolo che sarà pubblicato sulla rivista Judicaria.
Al loro esame premetto alcune brevi osservazioni sulla presenza delle donne nell’antica società storese, dove - anche qui - le donne erano considerate giuridicamente inadeguate.
La gestione dell’antica comunità era in mano esclusivamente ai maschi. Maschi erano i consoli (rappresentanti ordinari della comunità), i sindaci (procuratori delegati a trattare questioni specifiche con le comunità vicine o col “dominus loci”, che per Storo era il principe vescovo di Trento), il saltaro o il camparo (con compiti di messo comunale e guardia campestre e boschiva). Maschi erano i consiglieri (che affiancavano i consoli), gli uomini probi o giurati (interpellati quando c’era da dirimere una controversia), i massari delle chiese, gli incaricati della gestione dei servizi comunali (osteria, sega, mulino, forno, fucina, malghe, fontane, fino al custode dei fanciulli durante le funzioni religiose). L’antica comunità conosceva una diffusa partecipazione politica e amministrativa, ma era una partecipazione coniugata solo al maschile. Leggi tutto