Un altro Dio è possibile

31.12.2021 10:44

L'Adige di oggi pubblica con partenza in prima pagina la mia riflessione che segue:

 

Un altro Dio è possibile

 

Che cosa accadrebbe se oggi Cristo improvvisamente riapparisse sulla Terra? Questa domanda ha suscitato e suscita romanzi, saggi e trasmissioni radiofoniche e televisive. È anche l’ambientazione immaginaria della recente serie radiofonica nicaraguense «Otro Dios es posible» (Un altro Dio è possibile).

Nella prima puntata la giornalista latinoamericana Raquel Pérez incontra per caso Gesù che dopo duemila anni ritorna a Gerusalemme. Non lo riconosce. Non sembra Gesù Cristo, non parla come Gesù. «Ma come dovrei parlare? - chiede Gesù -. Con la voce del tuono forse?». Raquel è confusa: «Ma Tu non agisci come Cristo re dei re, neanche come il Cristo di Zeffirelli o come quello della Passione di Mel Gibson».

Cristo ritorna sulla terra e non è riconosciuto, perché parla in modo del tutto normale e non agisce come fosse appena uscito da un film. La discrepanza linguistica tra la religione cristiana, così come si è sviluppata nel corso di due millenni, e la persona a cui essa ancora si riferisce è presa in giro con molto umorismo e ardore nelle cento interviste della serie nicaraguense.

Raquel Pérez interroga Gesù su argomenti che ritiene scontati per il cristianesimo, come la nascita verginale, il celibato e il purgatorio. Gesù reagisce ogni volta con totale incomprensione. Non riesce a immaginare che cosa questi argomenti abbiano a che fare con lui. La giornalista, da parte sua, non riesce a capire come mai Gesù non sappia di cosa lei sta parlando. E così fa vedere in modo divertente quanto possa essere difficile oggi trasmettere agli uomini del nostro tempo concetti centrali o secondari della fede. Attira quindi l’attenzione su un problema fondamentale dell’evangelizzazione: disporre di una teologia credibile in una società secolarizzata caratterizzata dalla pluralizzazione dei fenomeni religiosi.

Stefan Silber, professore di didattica della teologia all’università della Vestfalia, sviluppa questo tema nel libro «Una chiesa che esce da se stessa», di prossima pubblicazione presso Queriniana Editrice. Oggi - scrive - è diventata fuorviante e ingannevole una lingua in cui vengono usati concetti religiosi. È diventata una lingua straniera. È possibile invece usare anche nell’evangelizzazione un linguaggio di uso quotidiano. Insomma: «si può evangelizzare tacendo su Dio o, meglio, si può palare di Dio senza Dio», senza cioè quel Dio che dopo Gesù di Nazareth è stato di nuovo coperto da molte incrostazioni.

Silber prosegue poi riferendosi alla situazione dell’Europa occidentale: «La religione è diventata una lingua straniera. Molte persone non capiscono più che cosa dicono i cristiani. Lo vedo ogni anno di nuovo quando nel corso della preparazione della Cresima voglio trasmettere agli alunni della sesta classe e ai loro genitori chi o cos’è lo Spirito Santo. Non solo molti non lo capiscono, ma alla maggior parte di loro, anche tra i genitori, non interessa nemmeno capirlo. È come se con loro parlassi il cinese o il kiswahili, sempre che fossi in grado di parlare queste lingue. Il linguaggio religioso è diventato una lingua straniera».

Spiega poi che molte persone rifiutano questo linguaggio perché gli associano ricordi negativi della scuola, dell’infanzia e della giovinezza. Altri hanno avuto esplicitamente delle esperienze personali negative con la chiesa, o semplicemente hanno avuto troppo poche esperienze positive. Per altri ancora il linguaggio religioso è simbolo del fatto che la chiesa e il suo messaggio sono antiquati, estranei al mondo, medievali, e non hanno più nulla a che fare con la nostra realtà. In un presente moderno e tecnicamente sofisticato - conclude - per molti Dio (quel Dio) non è più necessario. Già ottant’anni fa Dietrich Bonhoeffer ha richiamato l’attenzione sul fatto che per le persone del nostro tempo «Dio è diventato superfluo come ipotesi di lavoro».

«Il linguaggio religioso - scrive Silber - è contestabile non ultimo per un sistema di abusi sessuali e del loro insabbiamento, per una gestione non trasparente delle finanze pubbliche e per un atteggiamento disonesto nei confronti della gente». C’è un divario tra religione e modernità che è espresso con la teoria classica della secolarizzazione, ma la modernità non ha abolito tutte le forme di vita religiosa, bensì le ha trasformate, ne ha creato di nuove e continua allegramente a produrle. Perciò la sociologia della religione preferisce parlare di pluralizzazione dei fenomeni religiosi piuttosto che di secolarizzazione. Proprio questa varietà di nuove forme, di sincretismi e di ulteriori sviluppi, e la diffusione di culti esoterici comportano una varietà dei linguaggi religiosi. E la crescente diversità di forme religiose fa sì che il linguaggio religioso non possa più essere facilmente compreso. Diventa una lingua straniera variegata e frammentata.

Cita come esempi i movimenti tedeschi di «Europei patrioti contro l’islamizzazione dell’Occidente» e di «Alternativa per la Germania»: affermano di difendere l’Occidente cristiano, mentre calpestano valori cristiani e occidentali; alzano la croce perché pensano che sia un simbolo nazionale e non capiscono che dovrebbe rappresentare la solidarietà con chi soffre. Il linguaggio religioso è pericoloso e ideologico quando è abusato dai fondamentalisti.